Altobello De Cambi, Cremona 1540
Argento sbalzato, cesellato, a fusione; rame a fusione, cesellato, dorato, cm 44×17

Una mano guantata e inanellata, in gesto benedicente, esce da una fluente manica bordata di pizzo. La reliquia, costituita da un frammento osseo di un braccio del Santo, è visibile attraverso le sottili fessure di un’apertura situata all’altezza del polso.
La devozione alle reliquie dei Corpi Santi, fenomeno tipicamente medievale, ha ispirato la foggia del reliquiario. Esso appartiene alla tipologia dei ricettacoli antropomorfi o “parlanti”, il cui aspetto esteriore allude alla realtà concreta del contenuto. Santi e martiri erano considerati “portatori di Cristo e intercessori presso Dio” (Tertulliano): i loro resti, ritenuti dispensatori di grazie, erano oggetto di fervido culto e i metalli in cui ne erano costruiti i contenitori dovevano possedere caratteristiche di preziosità, purezza e splendore.
Il manufatto, eseguito nel 1540 “a la liga del testone di Milano” [875/1000], è opera di Altobello De Cambi, di celebre famiglia orafa cremonese. Committente fu la Confraternita della Concezione di Maria Vergine; all’epoca era parroco Francesco Pallavicino.
Ancora oggi il 3 febbraio, memoria del Santo, al termine della Messa si usa baciare la reliquia. San Biagio invocato come protettore dai mali della gola, per il risanamento di un bambino che rischiava di morire soffocato a causa di una spina di pesce conficcata nella gola.